CHERATITE
Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/benessere/cheratite.html
Cheratite:
processo infiammatorio della cornea, più o meno profondo, causato da vari
fattori, quali infezioni (virus, batteri, protozoi,
funghi), agenti fisici (es. raggi
ultravioletti) o malattie sistemiche (artrite
reumatoide o vasculiti
disseminate). Le cheratiti possono manifestarsi con piccole erosioni
superficiali (mini affossamenti dell'epitelio), opacità disseminate all'interno
della cornea (infiltrati stromali), calo della vista, dolore e intolleranza
alla luce (fotofobia). Una volta guarita, può solo in alcuni casi lasciare
microlesioni permanenti.
Le cheratiti (soprattutto quelle infettive)
rappresentano un'urgenza oculistica a tutti gli effetti dato che, quando non
curate per tempo, possono provocare gravi danni all'occhio come la temibile
perforazione della cornea.
- Una cheratite trascurata può costituire una vera e propria minaccia per la vista.
Prima di procedere con la trattazione, è necessario
fare un passo indietro per analizzare brevemente l'anatomia
della cornea.
La cornea è una membrana trasparente e priva di vasi sanguigni che costituisce - insieme alla sclera - la tonaca fibrosa (esterna) dell'occhio. Localizzata davanti all'iride, la cornea ha una funzione importantissima perché trasmette le immagini alla retina (la membrana più interna dell'occhio da cui origina un complesso processo neurologico che permette la visione).
La sottile membrana corneale è formata da 5 strati:
La cornea è una membrana trasparente e priva di vasi sanguigni che costituisce - insieme alla sclera - la tonaca fibrosa (esterna) dell'occhio. Localizzata davanti all'iride, la cornea ha una funzione importantissima perché trasmette le immagini alla retina (la membrana più interna dell'occhio da cui origina un complesso processo neurologico che permette la visione).
La sottile membrana corneale è formata da 5 strati:
- Strato più esterno: costituito da epitelio pluristratificato
- Tre strati sottostanti: composti da tessuto connettivo
- Ultimo strato: composto da endotelio (cellule epiteliali in un unico strato).
È importante conoscere l'anatomia della cornea perché
la gravità dei sintomi
correlati ad un'eventuale cheratite dipende proprio dallo strato corneale
colpito dall'infiammazione.
Cause e classificazione
Esistono diversi tipi di cheratite, distinti sia in
base allo strato corneale coinvolto, sia alla causa scatenante:
- Cheratite superficiale od ulcerosa
- Cheratite interstiziale
- Cheratite infettiva
- Cheratite non infettiva o traumatica
CHERATITE SUPERFICIALE O ULCEROSA
Colpisce gli strati più superficiali della cornea. I
maggiori responsabili sono i fototraumi in generale, quali nello specifico
l'esposizione prolungata a radiazioni
UV ed il bagliore della fiamma ossidrica. Oltre a queste cause, anche le
congiuntiviti da Adenovirus
e le infezioni virali ricorrenti possono predisporre al rischio di cheratite
superficiale.
CHERATITE INTERSTIZIALE
Questa forma di cheratite coinvolge gli strati più
profondi della cornea: si tratta di un'affezione grave dal momento che, quando
non curata, può provocare danni irreversibili all'occhio, compresa la cecità
permanente.
Il più delle volte, la causa risiede in un'infezione sostenuta da Treponema pallidum, lo stesso agente eziologico (causale) della sifilide. Meno spesso, la cheratite interstiziale riconosce altre cause come agenti infettivi (batterici, virali, parassitari) o disturbi autoimmuni.
Il più delle volte, la causa risiede in un'infezione sostenuta da Treponema pallidum, lo stesso agente eziologico (causale) della sifilide. Meno spesso, la cheratite interstiziale riconosce altre cause come agenti infettivi (batterici, virali, parassitari) o disturbi autoimmuni.
CHERATITE INFETTIVA
L'infiammazione di tipo infettivo a carico della
cornea può essere provocata da:
- Infezioni batteriche, in particolare sostenute da Staphylococcus aureus e Pseudomonas aeruginosa.
- Insulti virali: gli Adenovirus - che costituiscono peraltro i maggiori agenti causali delle comuni affezioni respiratorie e della congiuntivite virale - insieme all'Herpes simplex e all'Herpes zoster, sono i virus più coinvolti nelle cheratiti infettive virali.
- Attacchi parassitari: l'infezione corneale sostenuta da amebe (come Acanthamoeba) rappresenta indubbiamente la più grave e pericolosa forma di cheratite infettiva, tipica dei portatori di lenti a contatto.
- Infezioni micotiche (fungine): anche alcuni funghi appartenenti al genere Fusarium e Candida possono arrecare gravi danni a livello corneale.
CHERATITE NON INFETTIVA O TRAUMATICA
Si tratta di un'infiammazione della cornea indotta da
traumi come interventi chirurgici, penetrazioni di oggetti nell'occhio (es.
penne, matite ecc.) ed uso inadeguato delle lenti a contatto. Anche alcune malattie
autoimmuni - come la sindrome di
Sjögren - possono provocare un simile danno alla cornea.
Insieme alla pelle, la
superficie oculare rappresenta una delle più importanti difese naturali
dagli insulti esterni, siano questi di natura infettiva o traumatica.
Metaforicamente parlando, è come se l'epitelio corneale, il film lacrimale e le palpebre fossero i giocatori protagonisti di una partita, compagni di squadra che collaborano tra loro per difendere l'occhio da infezioni e lesioni di ogni tipo. Quando, per qualche motivo, questo team viene indebolito, l'avversario (es. batteri, virus) ha il sopravvento perché i giocatori non riescono più a sostenere il gioco (risultando quindi incapaci di proteggere l'occhio in modo efficace).
Metaforicamente parlando, è come se l'epitelio corneale, il film lacrimale e le palpebre fossero i giocatori protagonisti di una partita, compagni di squadra che collaborano tra loro per difendere l'occhio da infezioni e lesioni di ogni tipo. Quando, per qualche motivo, questo team viene indebolito, l'avversario (es. batteri, virus) ha il sopravvento perché i giocatori non riescono più a sostenere il gioco (risultando quindi incapaci di proteggere l'occhio in modo efficace).
La vulnerabilità del sistema
di difesa dell'occhio (o, in questo specifico caso, della cornea) sta proprio
nell'incapacità del film lacrimale, dell'epitelio corneale e delle palpebre di
combattere le infezioni e proteggere l'occhio da eventi traumatici.
Detto questo, ben si comprende
perché i pazienti defedati ed i
soggetti gravemente immunocompromessi (soprattutto i malati di AIDS)
sono particolarmente esposti al rischio d'infezioni, comprese quelle a carico
dell'occhio come la cheratite, la blefarite
(infiammazione della palpebra) e la sclerite
(infiammazione della sclera).
Oltre ai fattori appena elencati, il sistema immunitario dell'occhio può essere indebolito in più circostanze:
Oltre ai fattori appena elencati, il sistema immunitario dell'occhio può essere indebolito in più circostanze:
- Eccessiva esposizione corneale a causa di malocclusioni palpebrali
- Perdita di tono palpebrale
- Alterazione dei sistemi di produzione qualitativa e quantitativa delle lacrime
- Maldistribuzione del film palpebrale
- Uso indiscriminato di farmaci corticosteroidi ed antibiotici topici/sistemici
Anche le malattie sistemiche
reumatiche, il
diabete, le patologie del collagene
e l'alcolismo
cronico costituiscono fattori di rischio non sottovalutabili per la cheratite.
Il trattamento
della cheratite, per essere davvero vincente e risolutivo, deve svolgersi su
più fronti, previo consulto con uno specialista. Per contrastare
l’infezione, può essere efficace una terapia antibiotica, topica e
orale; contro l’infiammazione, via libera ai farmaci antinfiammatori;
allo scopo, invece, di favorire la riepitalizzazione, lo specialista può
consigliare appositi lubrificanti o lenti a contatto terapeutiche.
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http://www.tantasalute.it/articolo/cheratite-tipologie-e-sintomi-da-riconoscere/40875/#A7WT7hpziXYkL5tM.99
QUANDO DA
FASTIDIO LA LUCE
Rappresenta quell’insieme di processi infiammatori
interessanti il tessuto corneale.
Le cause: Sono dovuta
all’azione di diversi fattori quali, germi patogeni (batteri, virus, miceti e
protozoi), sostanze tossiche (acidi, basi ecc.) o radiazioni ultraviolette
(raggi solari, lampade abbronzanti ecc.).
Come si contrae: è sufficiente
che l’occhio, e la cornea, entrino in contatto con il germe o la sostanza
responsabile. Questo avviene più frequentemente attraverso il contatto con le
mani sporche, mediante il contatto accidentale con sostanze tossiche, oppure
semplicemente mediante il contatto con una persona affetta la quale espelle
il germe attraverso la saliva. Nella maggior parte dei casi, la cheratite,
insorge come complicanza di una congiuntivite grave o non curata.
La classificazione: Volendole
seguire un criterio eziopatogenetico, distinguiamo:
cheratiti infettive ( batteriche, virali, micotiche e
protozoarie)
cheratiti non infettive (cheratocongiuntivite secca,
cheratite da lagoftalmo, cheratite filamentosa e cheratite neurotrofica)
I sintomi e segni: La
sintomatologia comune a tutti i tipi di cheratite è caratterizzata da dolore,
bruciore, lacrimazione ed arrossamento oculare. Tale arrossamento è
caratteristico, in quanto è maggiore in prossimità del limbus e và
progressivamente diminuendo verso la congiuntiva palpebrale. Tale tipo di
arrossamento viene definito iniezione pericheratica. Il visus è solitamente
ridotto a causa delle sofferenza del tessuto corneale, che può
manifestarsi in modo diverso a seconda del tipo di cheratite (edema, ulcera
ecc.). Altro sintomo caratteristico è la fotofobia (eccessiva sensibilità alla
luce), causata dall’infiammazione dei nervi ciliari del plesso corneale.
Quando, infine, la cheratite, è secondaria ad una congiuntivite grave o mal
curata, ai sintomi esposti si aggiungono i sintomi congiuntivali (bruciore,
sensazione di corpo estraneo, secrezioni sierose o mucose ecc..) nelle diverse
caratteristiche cliniche secondarie alla eziologia.
Presentazione clinica ed evoluzione: La cheratite è da considerare un processo patologico grave, in quanto la
sofferenza del tessuto corneale, se non curata tempestivamente, può avere
manifestazioni ed esiti invalidanti sul visus e sulla salute dell’occhio in
generale. Le presentazioni cliniche sono diverse e con diversi gradi di
severità. La risposta infiammatoria può determinare edema corneale, uno
scompenso idro-elettrolitico con una raccolta di liquidi nel tessuto. Tale
edema porta ad una perdita della trasparenza corneale che, se di lieve entità,
apparirà come un lieve opacamento del tessuto, cornea “alitata”; mentre, quando
di grave entità, farà perdere, quasi del tutto, la trasparenza al tessuto,
“edema corneale franco”. Il processo infiammatorio può determinare degli
infiltrati sub epiteliali; addensamenti di cellule e mediatori
dell’infiammazione al di sotto dell’epitelio corneale, la cheratite puntata
superficiale. Tali infiltrati appariranno come piccoli puntini
bianco-grigiastri disseminati su tutta la superficie corneale. Altra
presentazione clinica tipica, assimilabile alle condizioni di severa gravità, è
l’ulcera corneale. Tale processo è definito come una perdita di
sostanza, del tessuto corneale nel nostro caso, che appare come un “
cratere” più o meno piccolo sulla superficie della cornea. Nella maggior parte
dei casi l’ulcera si risolve senza esiti con il ripristino dell’integrità
epiteliale e quindi della trasparenza corneale. In una parte dei casi,
nonostante i corretti atti terapeutici, la lesione ulcerosa si risolve con una
cicatrice, espressione di un processo riparativo che, in quel punto, perde l’
architettura del normale tessuto corneale e quindi la trasparenza. Tale
cicatrice può essere lieve e diafana, prendendo il nome di nubecola, oppure
densa e biancastra, prendendo il nome di leucoma. Il leucoma oltre a ridurre il
visus, quando centrale, può determinare il richiamo di vasi dalla congiuntiva
che aggrediranno la cornea aggravandone la perdita della trasparenza, leucoma
neovascolarizzato.
Quando, invece, l’ulcera non viene tempestivamente
curata può evolvere in diversi modi. Può amplificare la risposta infiammatoria
con conseguente essudazione di cellule e mediatori infiammatori nella camera
anteriore dell’occhio, l’ipopion. In questi casi si osserverà una massa cremosa
di colore bianco-grigiastro, all’interno dell’occhio, posta tra la faccia
posteriore della cornea e l’iride. Può approfondirsi, assottigliando il tessuto
corneale che, sotto l’azione della pressione intraoculare, protrude
all’esterno, attraverso l’ulcera stessa, il descemetocele. Tale lesione
apparirà come una bolla che si aggetta all’esterno dal fondo dell’ulcera. Può,
alla fine, perforarsi, ulcera perforata, causando lo svuotamento della
camera anteriore e l’ingresso di germi e microrganismi con conseguente
infezione/infiammazione di tutto il bulbo oculare, l’endoftalmite. L’esito
finale di tutte queste complicanze è la perdita della trasparenza corneale che,
nei casi gravi comporta la necessità della sostituzione chirurgica della cornea
al fine di ripristinarne la trasparenza e migliorare il visus, il trapianto di
cornea.
Le cheratiti batteriche sono sostenute più frequentemente da Pseudomonas Aeruginosa, Pneumococco,
Stafilococco aureo e Streptococco piogene. Possono insorgere come forma
primaria o più frequentemente come complicanza di patologie oculari
preesistenti (cheratiti erpetiche, congiuntiviti, erosioni epiteliali,
dacriocistiti e blefariti), di traumi (accidentali o chirurgici) o di un uso
improprio di lenti a contatto. La presentazione clinica può comprendere tanto
la presenza di infiltrati sub epiteliali, quanto di ulcere corneali. La
prognosi risulta solitamente buona, sebbene influenzata dal ceppo batterico
infettante e dalla responsività di quest’ultimo al trattamento impiegato. È
importante prima di tutto isolare l’agente patogeno, attraverso un tampone
corneo/congiuntivale e nel contempo instillare colliri antibiotici in
associazione a midriatici (per evitare la formazione di sinechie) e
riepitelizzanti; la terapia antibiotica andrà poi modificata in base ai dati
dell’antibiogramma. Nella forme più gravi è necessario somministrare
antibiotici per via orale.
Le cheratiti virali sono molto più frequenti
delle forme batteriche . Gli agenti eziologici più frequentemente coinvolti
sono l’adenovirus ed i virus erpetici. Lacheratite da Adenovirus 8 e 19 ha
di solito caratteri di bilateralità, dove, il secondo occhio è interessato
successivamente, ed in maniera più lieve, rispetto al primo. La presentazione
clinica iniziale si verifica dopo un periodo di incubazione di circa sette
giorni con edema palpebrale, edema ed iperemia della plica semilunare e della
caruncola talvolta associato a congiuntivite tarsale con sviluppo poi di
una congiuntivite follicolare con adenopatia preauricolare e talvolta
sottomascellare dolente alla palpazione. Dopo alcuni giorni compaiono gli
infiltrati corneali epiteliali e subepiteliali, rotondi e di numero variabile a
localizzazione centrale o paracentrale che regrediscono molto lentamente (nel
giro di alcuni mesi) lasciando delle opacità residue. I sintomi avvertiti dal
paziente sono: lieve riduzione del visus, senso di corpo estraneo, fotofobia,
lacrimazione e bruciore. È possibile isolare il virus con tecniche dirette o
indirette di immunofluorescenza mentre i reperti istologici mostrano la
presenza di elementi linfocito-simili a livello epiteliale che protrudono nello
stroma. La prognosi è favorevole con andamento benigno, nonostante la
malattia si risolva nel giro di mesi. La terapia prevede l’uso di colliri
cortisonici e sostituti lacrimali.
La cheratite erpetica è causata dall’infezione
da parte dei virus erpetici quali l’Herpes simplex I (herpes
labiale), Herpes simplex II (herpes genitale) e l’herpes zooster. Sono
virus a DNA che si localizzano nelle terminazioni e nei gangli nervosi ( virus
neurotropi). Le manifestazioni cliniche sono monolaterali e seguono un
andamento temporale specifico; fase di prima infezione, fase di quiescenza,
fase della malattia ricorrente. Nel caso della cheratite da herpes simplex, la
fase della prima infezione si realizza in quei pazienti che vengono a
contatto con il virus per la prima volta e, nei quali, non sono presenti
anticorpi anti-herpes. In questa fase le manifestazioni cliniche sono
caratterizzate da blefarocongiuntivite con vescicole, urenti, localizzate sulla
cute e sul bordo palpebrale. La congiuntivite è di tipo follicolare ed
interessa soprattutto il fornice inferiore; in associazione a ciò il ganglio
preauricolare risulta palpabile. L’interessamento corneale compare, invece,
dopo 4-12 giorni ed è caratterizzato da una cheratite superficiale
puntata.
Questa cheratite resta sempre monolaterale,
consentendo di porre diagnosi differenziale con la cheratocongiuntivite da
adenovirus la quale, inizia come monolaterale ma, in seguito, evolve in
bilaterale.
Questa prima fase si risolve in pochi giorni
successivamente ai quali la malattia entra nella fase di quiescenza la quale
può durare anche molti anni. Basta un evento scatenante quale, stress,
defedazione da stati patologici ecc, che la malattia ricompare configurando il
quadro della fase ricorrente. L’elemento clinico caratteristico di questa fase
è l’ulcera corneale dendritica, la quale si presenta sotto forma di una o
più ulcere epiteliali, confluenti a formare un dendrite, di colorito grigio con
aspetto ramificato e bordi edematosi, colorabili mediane fluoresceina, a
localizzazione centro-paracentrale.
Obiettivamente è presente scarsa iniezione
pericheratica. I sintomi sono lievi e rappresentati da fotofobia, lacrimazione
e senso di corpo estraneo associati ad ipoestesia (riduzione del dolore)
corneale legata a lesioni delle terminazioni nervose da parte del virus stesso.
La prognosi è buona e di solito la guarigione avviene in tempi brevi
utilizzando farmaci topici antivirali ( soprattutto acyclovir) in
associazione con midriatici-cicloplegici per prevenire la reazione uveale. Nei
casi più gravi, invece, l’ulcera dendritica si approfondisce (ulcera
meterpetica) andando verso la cicatrizzazione; con la formazione di un denso
leucoma a forte capacità vascolarizzante, oppure può evolvere in descemetocele
e quindi perforarsi. In questi casi è necessario ricoprire la cornea con la
congiuntiva circostante, atto chirurgico che prende il nome di ricoprimento
congiuntivale.
La cheratite da Herpes zoster è secondaria alla
localizzazione del virus in corrispondenza del ganglio di Gasser (guancia,
fronte e palpebre) interessando successivamente la prima branca del trigemino.
Le manifestazioni cliniche sono date da febbre e da comparsa, nell’area di
distribuzione del nervo, di zone eritematose che ben presto si associano a
vescicole, queste ultime sono poi essere sostituite da croste che cadono
lasciando cicatrici profonde. Nell’area colpita si genera un intenso dolore di
tipo nevralgico associato ad ipoestesia. Il periodo di incubazione va da pochi
giorni a circa due settimane. L’interessamento oculare si ha nel 50% dei casi
quando l’infezione si propaga al ramo nasociliare della branca oftalmica. A
livello corneale si genera una cheratite puntata più spesso costituita da
opacità stromali, associate a vescicole epiteliali che vanno incontro a rottura
provocando infezione e quindi comparsa di un’ulcera torbida. Raramente si ha
interessamento congiuntivale che, quando presente, si manifesta con petecchie
emorragiche e follicoli che si propagano alla sclera con comparsa di sclerite
nodulare. La prognosi è solitamente favorevole. La terapia si basa sull’impiego
topico di cicloplegici, epiteliotrofici ed antibiotici che servono ad impedire
la sovrinfezione batterica, in associazione a vitamina B12, neurotrofici ed
analgesici somministrati per via generale.
Le cheratiti micotiche sono di solito secondarie ad un’infezione corneale preesistente o ad
un’abrasione corneale provocata da un oggetto acuminato; i soggetti a rischio
sono gli immunodepressi, i diabetici, pazienti affetti da ipovitaminosi,
alcolizzati e tossicodipendenti, in più anche l’uso indiscriminato di
antibiotici e cortisonici nelle malattie oculari, ne facilita l’insorgenza. Gli
agenti eziologici maggiormente coinvolti sono l’aspergillus, il fusarium, il
cephalosporium e candida albicans.
Il coinvolgimento corneale si manifesta inizialmente
con una chiazza necrotica, di colore biancastro e consistenza friabile,
rilevata rispetto al tessuto circostante e delimitata da un anello giallastro
di infiltrazione. Si sviluppano successivamente pieghe della membrana di
Descemet e precipitati endoteliali. In seguito la zona di necrosi si trasforma
in un’ulcera demarcata da un anello giallastro dove sono presenti
polimorfonucleati, eosinofili, plasmacellule e miceti. Di solito
l’evoluzione dell’ulcera micotica è subdola e la conseguenza è un’opacità
cicatriziale talvolta vascolarizzata. Spesso la lesione tende a propagarsi ed,
in alcuni casi, può portare alla perforazione corneale. I segni obiettivi sono
chemosi congiuntivale, iniezione pericheratica, intorbidamento dell’umor acqueo
e ipopion. I sintomi avvertiti dal paziente sono dolore, lacrimazione,
fotofobia e blefarospasmo.. La diagnosi di certezza si ottiene mediante esami
di laboratorio e coltivando l’essudato corneale su terreni elettivi, anche se
il sospetto diagnostico è dato dall’aspetto clinico e dalla mancata efficacia
della terapia antibiotica. Il trattamento delle cheratiti micotiche prevede
l’uso di farmaci antifungini come l’amfotericina B, la piramicina e la
flucitosina.
Le cheratiti da protozoi sono tipiche dei portatori di lenti a contatto, nei
quali l’agente eziologico più importante è l’ Achanthameba. La causa principale
è l’uso di soluzioni o contenitori infetti o l’impiego di acqua corrente come
mezzo per la pulizia delle lenti a contatto. La cheratite da Achanthameba è di
solito monolaterale e si caratterizza per la presenza di infiltrati stromali
biancastri lungo il decorso dei nervi ciliari in assenza di
neovascolarizzazione. La diagnosi deve essere supportata da esami di
laboratorio, mentre il trattamento prevede l’utilizzo topico di polimixina B e
neomicina con l’associazione di preparati a base di amine aromatiche.
Per quanto riguarda le cheratiti non infettive
sono da annoverare la cheratocongiuntivite secca, la cheratite da lagoftalmo,
la cheratite filamentosa e la cheratite neurotrofica.
Nella cheratocongiuntivite secca la causa
principale delle alterazioni oculari è un’insufficiente lubrificazione
dell’occhio da parte del filma lacrimale. Si tratta di una forma che colpisce
soprattutto il sesso femminile con andamento cronico. Può essere provocata da
cause congenite (agenesia o ipoplasia delle ghiandole lacrimali) o da cause
acquisite (asportazione chirurgica delle ghiandole lacrimali, causticazioni e
tracoma). Quando tale patologia si associa a xerostomia e artrite reumatoide si
parla di sindrome di Sjogren. Clinicamente la cheratocongiuntivite secca si
manifesta con iperemia ed ipertrofia papillare in associazione ad una
secrezione densa che tende a raccogliersi in corrispondenza dei fornici. Si
instaura quindi una cheratite puntata superficiale, osservabile soprattutto in
corrispondenza della rima palpebrale, mentre nei casi più gravi compaiono aree
corneali disepitelizzate e frustoli di epitelio circondati da materiale mucoso
essiccato (cheratite filamentosa). Talora è possibile la sovrinfezione
batterica o micotica. I sintomi soggettivi sono rappresentati da sensazione di
corpo estraneo e fotofobia; la colorazione con fluoresceina mette meglio in
evidenza la cheratite puntata mentre quella con rosa bengala dimostra cellule
epiteliali degenerate. Il BUT, il test di Schirmer, quello della secrezione
basale e il test del lisozima sono alterati. Il trattamento è sintomatico e
prevede lacrime artificiali, inibitori delle collagenasi per il loro
effetto mucolitico, lenti a contatto terapeutiche, occlusione dei puntini
lacrimali con tappi di silicone, e nei casi più gravi tarsorrafia parziale allo
scopo di proteggere la cornea.
La cheratite da lagoftalmo si verifica in
pazienti che presentano irregolare chiusura delle palpebre secondaria a paresi
del VII nervo cranico (lagoftalmo paralitico) oppure a esiti cicatriziali
(lagoftalmo cicatriziale). Come nella cheratocongiuntivite secca,
l’interessamento corneale è provocato da riduzione quantitativa del film
lacrimale in questo caso dovuta all’aumentata evaporazione secondaria
all’impossibilità di un’adeguata chiusura palpebrale. Inizialmente si sviluppa
una cheratite puntata superficiale e subedema corneale limitati alla zona di
cornea non protetta, seguono poi cheratinizzazione congiuntivale e corneale e
ulcerazioni che si approfondiscono se c’è sovrinfezione. La terapia consiste
nell’instillazione di lacrime artificiali, pomate antibiotiche e
riepitelizzanti ed eventualmente tarsorrafia.
La cheratite filamentosa si può sviluppare in
pazienti affetti da displasia ectodermica, psoriasi e diabete. Sulla cornea
sono visibili filamenti superficiali mobili durante i movimenti palpebrali e si
associano a microerosioni. I filamenti sono formati da parti di epitelio
distaccato, muco e cellule degenerate e sono colorabili mediante fluoresceina e
rosa bengala. I sintomi sono costituiti da sensazione di corpo estraneo e
dolore mentre la terapia prevede il raschiamento delle aree di epitelio
corneale affetto, l’uso di lenti a contatto terapeutiche e sostituti lacrimali.
La cheratite neurotroficaè secondaria ad
un’alterazione del trofismo corneale dovuto a compressione della I branca del
trigemino causata da neurotomia retrogasseriana, sezione della branca oftalmica
o neoplasie. L’epitelio corneale è sottoposto ad un continuo turn-over,
regolato da diversi processi e mediatori biochimici trasportati e stimolati
dalle cellule dei nervi ciliari del plesso pericorneale; ciò risulta
fondamentale per la stabilità e la sopravvivenza della cornea. Una sofferenza
di queste cellule, dovuta alle cause precedentemente esposte, causa un’
alterazione dei processi di turn-over e di conseguenza la morte cellulare. La
presentazione clinica è caratterizzata da iperemia congiuntivale ed
alterazioni dell’epitelio corneale rappresentate da subedema e formazione di
vescicole cui seguono erosioni puntiformi talora confluenti. La necrosi,
l’ulcerazione e raramente l’ipopion sono secondari ad una sovrinfezione. Il
decorso è cronico con numerose recidive cui conseguono opacità corneali di
solito vascolarizzate. La sintomatologia è assente a causa dell’anestesia
corneale totale. Il trattamento consiste nel bendaggio oculare, mentre nei casi
più gravi si esegue una tarsorrafia protratta per garantire la
riepitelizzazione. Utile è poi l’impiego di pomate protettive ed antisettiche.
La cheratite attinica rappresenta un processo patologico che si instaura a carico del tessuto
corneale in seguito ad eccessiva esposizione alle radiazioni ultraviolette.
Colpisce alcune categorie professionali quali saldatori ed elettricisti ma
interessa anche gli sciatori per il riverbero della luce solare sulla neve e
persone che utilizzano lampade abbronzanti senza gli opportuni presidi ottici
protettivi. I raggi UV determinano una denaturazione delle proteine di membrana
delle cellule. Tale situazione porta ad una rottura della membrana con
successiva morte delle cellule interessate dal processo. Si configura quindi il
quadro di una perdita di sostanza dell’epitelio dovuto alla sofferenza delle
cellule dello strato più esterno. Quando l’esposizione ai raggi UV è
prolungata o di intensità elevata, si instaura il quadro clinico tipico della
cheratite attinica (o fotica), sempre bilaterale. Il sintomo principale è
costituito da una forte fotofobia a cui si associano blefarospasmo, dolore e
bruciore oculare.
Clinicamente si osserva la presenza di una fine
e diffusa disepitelizzazione ( microulcere) della superficie corneale, che
esponendo le terminazioni nervose sensitive del plesso nervoso pericorneale, è
causa della sintomatologia dolorosa. Altri segni sono costituiti da iperemia
congiuntivale e o iniezione pericheratica. La diagnosi è clinica ed il
trattamento consiste nell’instillazione di colliri antibiotici, sostituti
lacrimali e colliri con azione riepitelizzante. E’ utile il bendaggio oculare.
La prognosi è solitamente favorevole con risoluzione rapida del processo
patologico.
La cheratite da agenti chimici costituisce una condizione patologica a carico del tessuto corneale
secondaria al contatto dell’occhio con sostanze quali acidi ed alcali. Si
tratta di una condizione estremamente importante in quanto i danni conseguenti
sono spesso particolarmente severi. Le sostanze acide più comuni sono l’acido
solforico, solforoso, fluoridrico ed acetico anche se le lesioni più gravi sono
secondarie al contatto della superficie oculare con l’acido fluoridrico; ciò è
legato alle piccole dimensioni dello ione fluoro che entra rapidamente nello
stroma corneale generando danni importanti a carico dell’intero segmento
anteriore. Le sostanze alcaline che solitamente inducono danno corneale sono
l’ammoniaca, la soda caustica e la calce che riescono a penetrare rapidamente
nell’occhio provocando danni severi. In virtù della loro carica ionica, le
sostanze alcaline hanno maggiore potere penetrante rispetto alle acide e sono
responsabili, quindi, dei quadri clinici più severi. Il meccanismo tossico è
strettamente correlato al legame della sostanza chimica alla membrana delle
cellule corneali e limbari. Tale legame occlude e distrugge i canali
transmembrana, delle cellule, con conseguente distruzione delle stesse.
Successivamente si instaurano dei processi riparativi che portano alla
sostituzione del tessuto danneggiato, con un tessuto fibro-cicatriziale il
quale, non rispettando la normale citoarchitettura originaria porta ad
opacizzazione e neovascolarizzazione della cornea.
L’entità delle alterazioni a carico del tessuto
corneale dipende dalla concentrazione delle suddette sostanze, dal volume,
dalla durata del contatto e dalla tossicità intrinseca. Nei primi stadi della
malattia, la cornea risulta trasparente o con piccole aree di opacità e a ciò
si associa distruzione parziale dell’epitelio corneale con coinvolgimento
dell’area limbare.. Con il progredire del danno si verifica una maggiore
opacizzazione corneale con alterazioni che interessano anche la congiuntiva, la
sclera e i bordi palpebrali. Quando l’interessamento limbare è scarso ha inizio
una buona riepitelizzazione corneale mentre nei casi più gravi tale processo
non si verifica per la distruzione della maggior parte delle cellule staminali
limbari.
Considerando il grado di trasparenza corneale e lo
stato di ischemia del limbus il danno corneale si può classificare in:
Grado I : assenza di opacità corneale ed ischemia
limbare con prognosi ottima.
Grado II: opacità corneali che permettono ancora di
apprezzare i dettagli iridei ed ischemia che interessa 1/3 del limbus, la
prognosi in questo caso è buona.
Grado III : opacità corneale importante che non
permette la visualizzazione dell’iride, l’ischemia interessa la metà del limbus
e la prognosi è incerta.
Grado IV : cornea completamente opaca, con
impossibilità di apprezzare l’iride , l’ischemia interessa più della metà del
limbus con associazione di necrosi ischemica della congiuntiva e della sclera.
La prognosi è sfavorevole.
Per quanto riguarda il trattamento, a seconda della
severità del danno, si utilizza un approccio di tipo medico o di tipo
chirurgico. La terapia d’emergenza si basa sull’allontanamento della sostanza
dall’occhio, eliminazione di eventuali residui di tessuto necrotico,
irrigazione oculare continua. Successivamente è necessaria la
somministrazione di colliri antinfiammatori (FANS) associati ad antibiotici
topici ed eventualmente steroidi. Nei casi gravi in cui il processo di
riparazione corneale non può avvenire a causa della forte riduzione
quantitativa delle cellule staminali limbari, è necessario ricorrere alla
chirurgia mediante l’apposizione della membrana amniotica a contatto con la
superficie corneale in modo da permettere un’espansione cellulare con
riparazione dell’epitelio corneale danneggiato oppure nei casi ancor più gravi
è necessario effettuare un allotrapianto o un autotrapianto limbare dopo
espansione ex vivo di cellule staminali. Tali trattamenti dovranno essere
completati successivamente da una trapianto di cornea mediante cheratoplastica
al fine di ottenere una completa trasparenza corneale.
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