mercoledì 29 giugno 2016

LA CATARRATTA

 LA CATARRATTA



 Pubblicato il 23 gen 2014 http://www.medicinaeinformazione.com/



 La cataratta è un processo pressochè fisiologico cui andiamo tutti incontro e cioè una progressiva opacizzazione del cristallino all'interno dell'occhio quando l'enzima che è preposto a spazzar via le proteine responsabili dell'opacità smette di essere prodotto. E' quindi una patologia strettamente legata all'età anche se vi sono cataratte congenite nei bambini ad esempio, o condizioni particolari che mettono a rischio di svilupparla precocemente come ad esempio l'uso prolungato di corticosteroidi. I primi segni che devono far sospettare di avere una cataratta sono una diminuzione della vista che si presenta come una appannamento dell'immagine e anche un progressivo aumento dei difetti visivi preesistenti. Anche la difficoltà a distinguere alcuni colori è un segnale, come pure la visione di aloni o abbagliamenti. Una semplice visita oculistica sarà in grado di confermare la presenza di cataratta e decidere la modalità di intervento, che è sempre chirurgica, ma di una chirurgia ormai mininvasiva e che si esegue in day hospital con tecniche davvero rivoluzionarie. Parliamo di cataratta con il Prof. Scipione Rossi, Direttore dell'Unità di Microchirurgia Oculare all'Ospedale San Carlo di Nancy di Roma che ci spiega le tecniche chirurgiche più avanzate - che prevedono anche l'utilizzo di lenti che permettono di correggere anche difetti come la miopia o la presbiopia e che, insieme alla sua equipe, un team affiatato che lavora con entusiasmo e passione riuscendo a mettere il paziente nelle migliori condizioni fisiche e psicologiche possibili - ci presenta il percorso che un paziente compie prima di eseguire l'intervento che prevede la visita oculistica, la compilazione di una cartella personalizzata con tutte le informazioni mediche del paziente che sarà compilata dall'anestesista - sempre presente in sala operatoria anche in caso di anestesie con gocce o iniezione sulla fronte - fino alla fase post operatoria in cui il paziente riceve le istruzioni su come comportarsi nelle prime ore dopo la dimissione. L'intervento di cataratta - ci ha spiegato il Prof. Rossi è semplice e veloce, ma vanno sempre tutte e precauzioni per compierlo nella massima sicurezza, per la tranquillità del paziente che molto spesso è anziano e quindi fragile e per offrire quegli standard qualitativi da un punto di vista tecnico ed umano che permettono l'esecuzione di 500.000 interventi ogni anno in Italia, con un esercito di persone che ritrova la vista, la qualità della vita e il sorriso grazie all'atmosfera che si respira in un reparto come quello del Prof. Rossi dove la professionalità si sposa sempre con l'allegria e con l'empatia, "terapie" altrettanto importanti quando si operano persone anziane e molto anziane che hanno bisogno della competenza quanto dell'umanità.

Emorragia sottocongiuntivale




Emorragia sottocongiuntivale: sintomi, cura, cause, terapia, diagnosi e prevenzione

Pubblicato il 16/09/2013

Fonte e link: http://sintomicura.com/terapia/emorragia-sottocongiuntivale-sintomi-cura-cause-terapia-diagnosi-e-prevenzione/
Un’emorragia sottocongiuntivale è una delle cause dell’occhio rosso. E’ causata da un piccolo sfiato dietro la congiuntiva. Può sembrare allarmante, ma di solito non provoca sintomi e di solito è innocua. Il rossore va via entro due settimane.

Che cos’è un emorragia sottocongiuntivale?

La congiuntiva è come una pelle sottile situata sulla parte anteriore del bulbo oculare. Copre la parte bianca dell’occhio (la sclera) ma non copre la parte centrale dell’occhio (cornea).
Tra la congiuntiva e la sclera ci sono i piccoli vasi sanguigni. Se si osserva da vicino la sclera, si possono notare solo un paio dei piccoli vasi sanguigni.
Se uno di questi piccoli vasi sanguigni scoppia, sanguina tra la congiuntiva e la sclera. Questo fenomeno è chiamato emorragia sottocongiuntivale.
Nella stragrande maggioranza dei casi non vi è alcuna causa apparente. Questa condizione si verifica per nessun motivo apparente. Le persone anziane tendono ad avere più casi di questa condizione.
Di tanto in tanto, una lesione all’occhio o un trauma cranico possono causare l’emorragia sottocongiungivale. A volte si verifica dopo un attacco di tosse o vomito. Raramente, è associata con l’alta pressione sanguigna. Se si dispone di un disturbo della coagulazione, si può essere più inclini ad avere un emorragia sottocongiuntivale (o altri sanguinamenti, come sangue dal naso o ecchimosi). Ad esempio, se si dispone dell’emofilia o se si assumono dei farmaci anticoagulanti (come il warfarin).
Di solito non vi sono sintomi. Spesso non noterete di avere questa condizione fino a quando qualcun altro vi farà notare il rossore nell’occhio. Può essere allarmante a volte avere un gran rossore nell’occhio. In realtà non ci si deve preoccupare. La parte centrale dell’occhio, la cornea, non è mai influenzata da questo fenomeno e quindi la vista non sarà influenzata o danneggiata. Non è raro che un emorragia sottocongiungivale ricapiti nuovamente in un secondo momento.
Non è richiesto alcun trattamento. Di solito il rossore sbiadisce e scompare nel giro di due settimane. ( Come qualsiasi altro livido, il colore cambierà, da rosso a un colore giallo/marrone per poi svanire). Parlate con vostro il medico se:
  • Non avete avuto un controllo della vostra pressione sanguigna di recente.
  • Se si sospetta che la causa sia una lesione all’occhio. (Ad esempio, un piccolo pezzo di metallo, ecc)
  • Avete notato altre emorragie, ecchimosi del corpo sena un motivo apparente.

martedì 28 giugno 2016

Rimedi anti-caldo

Rimedi anti-caldo  

Fonte: http://www.donnad.it
 
Il caldo sta inesorabilmente entrando nelle nostre case e uffici rendendoci stanche e poco energiche. Ecco per te alcuni suggerimenti e qualche piccolo trucco "fai da te" per farti superare questo momento con serenità ed allegria.
la menta produce un'azione di freschezza immediata. Aggiungine un rametto in un litro di tè freddo per rendere la tua bevanda ancora più dissetante oppure procurati dell'olio essenziale di menta ed applica due gocce sulle tempie e sulla nuca: avrai un senso di freschezza immediato.
Se lavori d'estate o fai lunghi tragitti in auto, tieni sempre nella borsa un minispray di acqua termale: vaporizzalo più volte su viso, gambe e braccia per abbassare la temperatura rapidamente. Puoi anche fare un impacco di acqua termale sul viso la sera: lascia una compressa imbevuta d'acqua sul viso fino a quando sarà completamente asciutta.
Prepara dei cubetti ghiacciati di acqua di rose e passali più volte al giorno sul viso e sul décolleté.
Aggiungi una goccia di olio essenziale di eucalipto, pino marittimo o lavanda alla tua crema quotidiana per il viso.
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Tieni in frigorifero le creme per il viso da giorno e notte e la crema per il corpo: quando le applicherai sentirai un beneficio immediato.
Anche il profumo può avere un effetto rinfrescante: scegli le fragranze con essenze di muschio, erbe o bosco.
Ottimo anche un pediluvio rinfrescante: lascia i piedi per 15 minuti in una bacinella d'acqua nella quale avrai aggiunto con 2 cucchiai di bicarbonato e 8 gocce essenziale di menta.
Prepara uno snack idratante: frulla insieme un cetriolo, una tazzina di ribes o lampone, aggiungi un vasetto di yogurt magro e qualche cubetto di ghiaccio.
Per stimolare la micro-circolazione delle tue gambe, messa a dura prova dal caldo, vai sotto la doccia e dirigi il getto dell'acqua sulle gambe partendo dalle caviglie fino ai glutei, prima con l'acqua fredda e poi con quella tiepida. Poi stendi sulle gambe una crema all'ippocastano o al mirtillo per rinforzare i capillari.
Ti sei alzata con gli occhi gonfi? Tieni in frigo della camomilla, imbevi delle compresse di garza e fai degli impacchi per 10 minuti.
Inserisci nella tua dieta quotidiana delle bevande o delle tisane che ti aiutino anche a reidratarti: la mattina a digiuno bevi un bicchiere di acqua oligominerale o una tazza di tè verde freddo, dopo mangiato fai una tisana al finocchio che aiuta la digestione, nel pomeriggio prepara un centrifugato di carote e mele che ti aiuta anche a rinforzare la melanina, la sera bevi una tisana drenante alla betulla o alla gramigna.

NOSTRO COMMENTO: Sono consigli utili e direi "rinfrescanti" che si possono seguire per attenuare l'afa estiva ed essere più leggeri e pimpanti.

Lattine e bottiglie di plastica fanno aumentare la pressione




Lattine e bottiglie di plastica fanno aumentare la pressione

Un composto chimico sospettato di essere cancerogeno che è presente nei contenitori filtra nelle bevande
Pubblicato il 10/12/2014 da La Fucina
Fonte e link: http://andreanicola.blogspot.it/2014/12/lattine-e-bottiglie-di-plastica-fanno.html
Lattine e bottiglie di plastica fanno aumentare la pressione
Chi beve regolarmente acqua o bevande contenute in lattine e bottiglie di plastica potrebbero ripensarci. Un nuovo studio mostra che un composto chimico che si trova nei contenitori riesce a filtrare nei liquidi e far aumentare la pressione dopo un paio d’ore che vengono ingeriti. Si tratta del bisfenolo A, un composto organico che si trova in grandi quantità in bottiglie di plastica e lattine. Un’esposizione cronica a questo composto è stato associato a malattie cardiache, cancro e altri problemi di salute. Il nuovo studio è il primo a mostrare che una singola espozione al bisfenolo A può avere un impatto immediato sul benessere del nostro cuore. E alcuni studi pubblicati nel 2008 hanno dimostrato la sua tossicità, gli effetti cancerogeni e gli effetti neurotossici, tanto che è stato eliminato da vari prodotti, soprattutto quelli per i bambini.
Bisfenolo A: il composto chimico che fa aumentare la pressione
Lo studio ha rilevato che chi beveva latte di soia contenuto in lattine vedeva aumentare il livello di bisfenolo A nell’urina, mentre nei giorni in cui bevevano la stessa bevanda da bottiglie di vetro, in cui non è presente questo composto, non c’è stato un innalzamento significativo dei livelli della pressione del sangue né del contenuto di bisfenolo A.
Una singola esposizione non reca gravi danno al nostro organismo, ma una costante esposizione può portare a ipertensione. Il dottor Michels, un esperto di bisfenolo A dell’Harvard Medical School non coinvolto nella ricerca ha detto che i risultati sono “preoccupanti“.
A partire dal 2000, quasi un miliardo di persone nel mondo, circa il 26% della popolazione adulta, soffriva di ipertensione. Wikipedia spiega che “la malattia ipertensiva è responsabile della diminuzione delle aspettative di vita dei pazienti affetti. I disturbi provocati dall’ipertensione gravano sugli organi vitali: cervello, cuore, retina, vasi arteriosi e rene.”
Il bisfenolo A è stato utilizzato sin dagli anni ’60 per produrre bottiglie di plastica, contenitori per il cibo, lenti a contatto e biberon. Nel 2012 l’FDA (Food and Drug Administration), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha affermato che questo composto chimico non dev’essere più utilizzato nella produzione di biberon e tazze per bambini. Gli organi di controllo canadesi hanno dichiarato ufficialmente che il bisfenolo A è una sostanza tossica e hanno vietato l’utilizzo nella produzione di articoli per bambini.
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Fonte: New York Times
fonte

Pubblicato da Andrea Nicola a 10:32
IL NOSTRO COMMENTO: Questo è quello che viene affermato dall’FDA (Food and Drug Administration), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici. L’Ente ha affermato che questo composto chimico non dev’essere più utilizzato nella produzione di biberon e tazze per bambini. Gli organi di controllo canadesi hanno dichiarato ufficialmente che il bisfenolo A è una sostanza tossica e hanno vietato l’utilizzo nella produzione di articoli per bambini. 
LEGGI ANCHE:

Per dovere di cronaca pubblichiamo anche questo articolo dell’EFSA sul Bisfenolo A

Nessun rischio da esposizione al bisfenolo A per la salute dei consumatori

Fonte e link: http://www.efsa.europa.eu/it/press/news/150121

Vedi anche

Bisphenol A
Ingredienti e imballi alimentari
Press Release
21 Gennaio 2015
Nella nuova, completa valutazione sull’esposizione dei consumatori al bisfenolo A (BPA) e la tossicità della sostanza, l’EFSA ha concluso che il BPA non rappresenta un rischio per la salute della popolazione di alcuna fascia di età (inclusi feti, neonati e adolescenti), ai livelli attuali di esposizione. L’esposizione attraverso la dieta o l’insieme delle varie fonti (dieta, polvere, cosmetici e carta termica) è nettamente al di sotto del livello di sicurezza (la “dose giornaliera tollerabile” o DGT).
Benché nuovi dati e metodologie affinate abbiano portato gli esperti dell’EFSA a ridurre considerevolmente il livello di sicurezza del BPA da 50 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno (µg/kg di pc/giorno) a 4 µg/kg di pc/giorno, le stime più elevate dell’esposizione alimentare e dell’esposizione attraverso un complesso di fonti (definita “esposizione aggregata” nel parere dell’EFSA) sono da 3 a 5 volte inferiori alla nuova DGT.
Nel calcolo della DGT sono state quantificate e tenute in considerazione le incertezze scientifiche riguardanti i potenziali effetti del BPA a carico della ghiandola mammaria e dei sistemi riproduttivo, metabolico, neurocomportamentale e immunitario. Inoltre la DGT è stata calcolata in via provvisoria, in attesa dell’esito di uno studio di lungo termine sui ratti che contribuirà a ridurre tali incertezze.
Perché l’EFSA ha eseguito questa valutazione del rischio?
Il BPA è un composto chimico usato nella produzione di materiali a contatto con gli alimenti come la plastica per stoviglie riutilizzabili e i rivestimenti interni, in genere protettivi, per lattine. Il BPA è inoltre ampiamente usato nella carta “termica” solitamente utilizzata per scontrini e ricevute fiscali. I residui di BPA possono migrare negli alimenti e nelle bevande ed essere ingeriti dai consumatori; il BPA proveniente da altre fonti, tra cui la carta termica, i cosmetici e la polvere, può essere assorbito attraverso la cute e per inalazione.
La dott.ssa Trine Husøy, membro del gruppo di esperti scientifici dell’EFSA che si occupa di materiali a contatto con gli alimenti (gruppo CEF) nonché presidentessa del gruppo di lavoro sul BPA, ha affermato: “Il nostro gruppo ha deciso di procedere a una nuova valutazione della sicurezza del BPA alla luce del massiccio volume di nuovi studi di ricerca apparsi negli ultimi anni.”
Per garantire la massima apertura e trasparenza, nel corso di questa valutazione del rischio l’EFSA ha tenuto approfondite consultazioni e discussioni con le autorità nazionali e le parti interessate, così da tener conto della più ampia gamma possibile di pareri e informazioni scientifiche. Secondo la dott.ssa Husøy “il processo di consultazione pubblica ci ha aiutato ad affinare la nostra valutazione grazie ai dati supplementari pervenutici e a chiarire meglio importanti aspetti del parere, tra cui le incertezze scientifiche residue”. (Una relazione sulla consultazione pubblica è disponibile di seguito.)
Una valutazione affinata della tossicità del BPA
Dopo aver esaminato un rilevante corpus di nuove informazioni scientifiche sugli effetti tossici del BPA, il gruppo di esperti scientifici CEF ha concluso che è probabile che dosi elevate di BPA (superiori di centinaia di volte alla DGT) causino effetti dannosi su reni e fegato e, negli animali, anche sulla ghiandola mammaria.
La dott.ssa Husøy precisa che gli studi che indicavano il BPA come responsabile di altri effetti dannosi sulla salute erano meno convincenti. “Al momento gli effetti sui sistemi riproduttivo, nervoso, immunitario, metabolico e cardiovascolare, oltre che il potenziale cancerogeno, non sono considerati probabili, ma le prove disponibili non permettono di escluderli. Pertanto tali effetti rientrano tra le aree di incertezza riguardo ai pericoli collegati al BPA e quindi se ne è tenuto conto nella valutazione”.
Il gruppo di esperti scientifici ha altresì valutato la possibilità che dosi diverse di BPA provochino risposte impreviste, per esempio effetti dannosi indotti dal BPA soltanto a basse dosi (la cosiddetta “dose-risposta non lineare” o correlazioni NMDR). Gli esperti sono giunti alla conclusione che i dati disponibili non forniscono prove dell’esistenza di tali correlazioni per quanto concerne gli effetti sulla salute considerati.
Esposizione: più chiaro il quadro dell’esposizione alimentare, più incerto quello relativo alle fonti non alimentari
Nel 2006, quando l’EFSA ha valutato per l’ultima volta l’esposizione alimentare al BPA, erano disponibili meno informazioni e gli esperti dell’EFSA sono stati costretti a formulare varie ipotesi di tipo prudenziale sul consumo e sui livelli di BPA negli alimenti. “Grazie a un numero notevolmente maggiore di dati di migliore qualità siamo stati in grado di aggiornare e calcolare con più accuratezza l’esposizione alimentare al BPA per tutti i gruppi della popolazione”, ha spiegato la dott.ssa Husøy. “Di conseguenza oggi sappiamo che l’esposizione alimentare è da quattro fino a quindici volte minore rispetto a quella a suo tempo calcolata dall’EFSA, a seconda della fascia di età dei consumatori.”
Per la prima volta l’EFSA ha considerato l’esposizione al BPA anche da fonti non alimentari. A questo proposito, tuttavia, la dott.ssa Husøy ha sottolineato: “Mancano dati sull’esposizione cutanea (per esempio, la quantità di BPA assorbita dall’organismo attraverso la cute per contatto con la carta termica), il che aumenta l’incertezza dei calcoli relativi all’esposizione attraverso la carta termica e i cosmetici”.
Quantificare le incertezze e tenerne conto
Gli esperti dell’EFSA hanno utilizzato nuove metodologie per tener conto delle incertezze concernenti i potenziali effetti sulla salute, la stima dell’esposizione e la valutazione dei rischi per l’uomo. La dott.ssa Husøy ha dichiarato che “analizzando singolarmente le incertezze e avvalendosi del giudizio di ciascun esperto, il gruppo scientifico è stato in grado di quantificare le incertezze e di tenerne conto nella valutazione del rischio e nella determinazione della DGT”.
L’EFSA ridefinirà la DGT provvisoria tra due o tre anni, quando saranno disponibili i risultati di uno studio di ricerca di lungo termine condotto nell’ambito del programma nazionale di tossicologia degli Stati Uniti (US National Toxicology Program). Si prevede che questo studio possa sciogliere molte delle incertezze che permangono sugli effetti tossici del BPA.
Nel corso di tale processo l’EFSA e l’Agenzia francese per la sicurezza sanitaria dell’alimentazione, dell’ambiente e del lavoro (ANSES) si sono confrontati sulle rispettive valutazioni del BPA. Il verbale di tali dibattiti è disponibile qui di seguito.
L’EFSA ha predisposto una sintesi non tecnica (destinata ai “non addetti ai lavori”) del suo parere scientifico per facilitarne la comprensione, e affronta ulteriori aspetti di questo lavoro scientifico nelle Domande frequenti sul BPA.
Note per i redattori:
Nell’ambito del sistema per la sicurezza alimentare dell’UE, l’EFSA ha il compito di svolgere valutazioni scientifiche del rischio. La valutazione del rischio da BPA fornisce informazioni che i gestori del rischio dell’UE in seno alla Commissione europea, al Parlamento europeo e agli Stati membri potranno utilizzare nell’ambito del processo decisionale, per disciplinare l’uso in sicurezza del BPA nei materiali a contatto con gli alimenti. I gestori del rischio tengono conto delle valutazioni scientifiche del rischio e di altri fattori nell’assumere decisioni in materia di gestione del rischio, ambito che esula dal mandato dell’EFSA, così come stabilito dalla legislazione europea.
For media enquiries please contact:
Relazioni Stampa EFSA
Tel. +39 0521 036 149
E-mail: Press@efsa.europa.eu


IL NOSTRO COMMENTO: Dopo le superiori precisazioni dell’EFSA, ognuno è libero di credere o meno e determinarsi  di conseguenza.

Autismo, Vicari: “Esistono terapie, ma attenti a chi promette la guarigione”




Autismo, Vicari: “Esistono terapie, ma attenti a chi promette la guarigione” 

Fonte e link: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/02/autismo-vicari-esistono-terapie-ma-attenti-a-chi-promette-la-guarigione/936210/

Le terapie cognitivo comportamentali sono le più efficaci, ma la Regione Lazio rimborsa solo logopedia e psicomotricità, che l’Istituto superiore di Sanità ha definito inutili. Il vaccino, poi, secondo Vicari, non ha alcun legame con l’insorgenza della malattia
di Paola Porciello | 2 aprile 2014
Oggi è la Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo, una malattia che colpisce i bambini sotto i tre anni e che recentemente ha fatto molto discutere la comunità scientifica per il suo presunto legame con i vaccini. Con il Professor Stefano Vicari, responsabile dell’Unità operativa di Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, cerchiamo di fare chiarezza sugli aspetti più controversi di questa malattia complessa e difficile da gestire che in Italia colpisce 500mila persone.

Professore, cos’è l’autismo?

L’autismo è una malattia cronica con esordio infantile che prevede un ampio spettro di manifestazioni cliniche, tant’è che oggi è più corretto dire ‘disturbi dello spettro autistico’. Le sue caratteristiche principali sono tre. La difficoltà nella relazione: ai bambini autistici non interessa entrare in contatto con gli altri. Molti di loro non rispondono quando vengono chiamati e tendono a isolarsi. A volte si stabilisce qualche contatto, ma solo con i genitori. Poi ci sono le difficoltà nella comunicazione, che è quasi assente, e la prevalenza di interessi molto ristretti. Questi pazienti tendono ad essere ripetitivi, preferiscono sempre lo stesso giocattolo o corrono ripetutamente intorno al tavolo. Noi le chiamiamo ‘stereotipie’, cioè movimenti ripetitivi senza un fine chiaro.

Come avviene la diagnosi?

Una diagnosi certa si può fare solo dopo i due anni di età. I diversi aspetti della malattia che ho citato prima si combinano in vari modi nelle persone assumendo gradi più o meno marcati. Alcuni possono essere sorprendentemente brillanti su un argomento marginale, mentre il lato di empatia, di intelligenza sociale, risulta molto ridotto. Nel grande panorama dell’autismo si può spaziare dall’ingegnere perfettamente integrato ma un po’ scontroso e chiuso in se stesso, al soggetto con ritardo mentale. 

Ci può dire qualcosa sul presunto legame tra il vaccino e l’insorgenza dell’autismo nei bambini?

Secondo le evidenze in possesso della comunità scientifica, basate su studi indipendenti, possiamo affermare che non c’è alcuna relazione tra vaccini e autismo. Questa storia nasce con un articolo del ’99 pubblicato dalla rivista Lancet. I dati utilizzati dall’autore si rivelarono falsi. Il medico fu radiato dall’ordine e l’articolo venne cancellato dagli archivi della rivista. Sulla scia di quell’articolo il Giappone ha reso non obbligatoria la vaccinazione più discussa (morbillo, parotite, rosolia). Ciò nonostante, il numero di casi di autismo è rimasto invariato: non c’è quindi alcuna relazione. Ci sono poi studi recentissimi di un gruppo di ricercatori di San Diego che dimostrano alterazioni della neocorteccia (la parte più superficiale del nostro cervello) presenti già durante la vita embrionale.

Esiste una cura?

No. Esistono vari trattamenti che possono produrre miglioramenti. A livello farmacologico si può intervenire per contenere aggressività e iperattività. Fra i trattamenti non farmacologici, i più efficaci sono la ‘Terapia mediata dai genitori’, ovvero la presa in carico dei genitori di bambini molto piccoli. Il parent training aiuta a gestire la relazione complicata, offre modelli di comunicazione alternativi ed è soprattutto efficace nel contenere lo stress dei genitori. Ci sono poi i trattamenti cognitivo comportamentali che riguardano il bambino: l’Aba (Applied behavioral analysis, analisi comportamentale applicata) o l’Early start Denver model.
Queste terapie hanno una moderata efficacia, specie se cominciate precocemente, prima dei 5 anni. 
Esistono anche tutta una serie di trattamenti inefficaci (sempre dal punto di vista del metodo scientifico) sui quali purtroppo si specula: le diete (con un giro d’affari di milioni di euro), la pet therapy (ippoterapia, delfinoterapia), la psicoanalisi, logopedia e psicomotricità.

Si accede facilmente alle terapie?

Qui tocchiamo un tasto dolente. La Regione Lazio, tanto per fare un esempio, rimborsa logopedia e psicomotricità, ma non l’Aba, nonostante l’Istituto superiore di sanità, nelle Linee guida, si sia espresso chiaramente contro le prime e a favore della seconda. Credo che la libertà di cura passi attraverso la vera e libera informazione. Il medico deve dire: ‘Il trattamento più efficace è questo’. Poi posso decidere di curarmi come voglio, ma devo sapere che un determinato trattamento non ha prodotto risultati riconosciuti dalla comunità scientifica. Bisogna dare la corretta informazione e il Sistema sanitario nazionale deve provvedere a dare le cure efficaci.

Cosa consiglierebbe a una famiglia che si trova davanti a una diagnosi di autismo?

Di rivolgersi a una struttura altamente qualificata, pubblica o quantomeno convenzionata con il Ssn. E di diffidare di chi chiede soldi facendo promesse di guarigione. 

Le Linee guida dell’Istituto superiore di sanità per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti 

IL NOSTRO COMMENTO: c’è poco da commmentare. La materia è di stretta spettanza specialistica ed è ad uno specialista che occorre rivolgersi. PRIMA SI VA MEGLIO E’. Non aspettare che il bambino o la bambina che sia superino i tre anni. Dall'autismo si può migliorare ma non guarire.  Chi dice che si può guarire spara cazzate. Dispiace ma purtroppo è così!
Guarda il Video:
AUTISMO INTERVISTA AL DOTT MASSIMO MONTINARI, Perugia 2008 .



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